Ogni civiltà ha sempre cercato di dare una spiegazione ai misteri dell’esistenza tramite i miti, racconti simbolici contenenti il sacro che spiegavano l’accadimento di determinati eventi, i rapporti tra gli individui, il senso della vita. Narrazioni fantastiche legate a divinità o fenomeni naturali per illustrane l’origine e la natura.

I miti e la mitologia hanno costituito oggetto del pensiero critico già dagli inizi della contemplazione filosofica greca, con i racconti tradizionali sugli dei nella poesia omerica ed esiodea, che li vedeva quali esseri antropomorfi, dotati, come tali, anche di comportamenti negativi.

Detto “punto di vista”, tuttavia, non trovava concordi i pensatori, necessitanti di spiegazioni fondate sulla morale e sulla razionalità; fu così che il poeta e filosofo greco Senofane di Colofone trasferì nell’unità del divino le tante figure dominanti nel mito, gli dei. Si “rincorreva” però al tempo stesso una spiegazione che supportasse i miti, e dunque si pensò che sotto i nomi divini si nascondessero forze della natura o doti morali.

Lo scrittore greco Evemero, poi, propose un nuovo indirizzo, che vedeva gli dei come rinomati personaggi di un passato lontano, a cui le nuove generazioni avrebbero attribuito carattere divino. Ed ancora, successivamente, il filosofo napoletano Giambattista Vico qualificò la mitologia come rappresentazione fantastica della realtà. Ma nel XVIII e XIX secolo le idee al riguardo erano ancora piuttosto discordanti, e tuttora, ai giorni nostri, molti punti sono ancora oggetto di discussione.

I miti e la mitologia

Come poc’anzi accennato, la mitologia ha sempre rappresentato argomento di discussione, e non solo nei tempi antichi: anche attualmente, difatti, diversi problemi non risultano totalmente risolti. Ciò che crea concordia di opinioni è però il carattere specifico della mitologia, ritenuta una sorta di “derivazione” dallo spirito religioso, nel senso che i miti narrano le origini del mondo, del popolo, senza fornirne una spiegazione causale, bensì legittimandole, dando loro una giustificazione religiosa ed una garanzia di immutabilità.

Fermo restando, dunque, il carattere sacrale dei miti, va al contempo messo in evidenza che non tutti i miti stessi hanno uguale valore sacrale: distinguiamo, ad esempio, quelli antropologici (origine dell’umanità e delle caratteristiche umane), eziologici (spieganti le cause e l’origine di eventi ed aspetti della realtà), e teogonici (discendenza degli dei). Ci occupiamo nello specifico di questi ultimi nel paragrafo che segue.

L’origine dell’Universo e la nascita degli dei

L’origine dell’Universo e la teogonia, la nascita degli dei, rappresentano l’oggetto del poema di Esiodo, che narra il graduale processo attraverso il quale il mondo acquista un suo equilibrio grazie a Zeus, re degli dei e degli uomini. Discendente dalla stirpe di Urano (“Cielo”) e Gaia (“Terra”), ultimo figlio di Crono e Rea, egli, dopo una serie di conflitti e guerre interne, accede al trono su richiesta degli altri dei, dando prova di forza e potere.

Tralasciando in questa sede detta serie di conflitti e guerre interne – che ci allontanerebbe dal tema centrale della nostra trattazione – menzioniamo le tre potenze primordiali che diedero origine all’Universo tutto: inizialmente Chaos, il grande “Abisso”, una sorta di “crepaccio” che contiene ogni cosa; poi Gaia, “Terra”, sede stabile dai contorni ben delineati, che affonda le sue radici nel Tartaro, regione sotterranea e tenebrosa da cui si apre l’abisso primitivo; e da ultimo, Eros, “motore” della generazione.

Le divinità greche e quelle romane e loro corrispondenza

Rappresentati come figure umane e come tali con passioni tipicamente terrene, gli dei greci e romani sono stati i “protagonisti” di coinvolgenti ed affascinanti racconti pervenuti alle nostre orecchie: con i loro amori e odi, le loro gelosie e ripicche.

Quando parliamo di divinità greche e/o romane tendiamo spesse volte a fare un po’ di confusione e dunque è opportuno chiarire questo aspetto. È innegabile l’influenza della religione greca in quella romana, ma ciò non vuol dire che i Romani abbiano “copiato” alla lettera le divinità ed i miti propri della prima, perché essi possedevano, già a partire dal periodo repubblicano, un sistema religioso ed una gerarchia sacerdotale.

Detto questo, è altrettanto incontestabile una corrispondenza tra divinità greche e romane, corrispondenza che si pone quale simbolo di un continuum religioso e culturale tra i popoli che hanno gravitato intorno al Mediterraneo dirigendosi verso il Nord Europa. Una corrispondenza, quella ora evidenziata, che tuttavia non priva delle loro “personalità” specifiche gli dei appartenenti al pantheon greco e quelli facenti parte del pantheon romano, pur condividendo, essi, determinate ed analoghe caratteristiche.

La nostra attenzione si concentrerà ora sul ruolo assunto dalle dee nella storia antica e sul significato simbolico da esse rivestito: tratteremo la tematica proprio qui di seguito.

Il significato simbolico delle dee nella storia antica

Prima di considerare le principali dee della storia antica e di scoprirne il significato simbolico, è opportuno mettere in evidenza come, già agli albori del mondo, sia stato il femminile ad incarnare l’archetipo del “divino”: emblema di fertilità e di prosperità, dispensatrici di vita e di morte, le dee hanno sempre rivestito nelle culture antiche un ruolo di primo piano e detto ruolo si è perpetrato poi nell’immaginario collettivo, sino a giungere ai giorni nostri.

Fatta questa breve premessa, iniziamo il viaggio all’interno di un universo tutto al femminile, considerando, singolarmente, le principali divinità  che hanno caratterizzato il pantheon greco e quello romano.

Era/Giunone

Figlia di Crono e di Rea, sorella e moglie di Zeus, Era è la dea del matrimonio, della famiglia e della fedeltà coniugale. I continui tradimenti di Zeus la rendono gelosa ed assetata di vendetta. Ed anche l’atteggiamento verso l’umanità non è dei migliori: la dea, difatti, odiava a tal punto gli esseri umani da considerarli come pedine da utilizzare per rivalersi nei confronti del consorte.

Solitamente Era viene rappresentata seduta sul trono con una melagrana tra le mani – emblema di fertilità e di morte – ed appellata come “Era dagli occhi bovini”, ossia dallo sguardo intenso e regale. I suoi simboli sono la vacca, il pavone e il cuculo.

L’alter ego romano, Giunone, da principio legata al ciclo lunare dei primitivi popoli italici, diviene patrona del parto e del matrimonio, e, successivamente dello Stato Romano: si sovrappone infatti a Era della mitologia greca, divenendo la moglie di Giove, quindi la più importante divinità femminile.

Differentemente dalla mitologia greca, Giunone non è più raffigurata sul trono, ma nell’atto di allattare; tra i Romani si affievolisce, inoltre, l’immagine della dea gelosa, per fare spazio a quella di una dea guida e giudice.

Giunone è anche la protettrice degli animali, in particolare era a lei sacro il pavone.

Afrodite/Venere

Dea dell’amore, della bellezza, del desiderio, della fertilità, Afrodite è figlia di Zeus e dell’oceanina Dione o, in base ad un altro mito, è nata dal sangue di Urano versato nel mare dopo essere stato sconfitto dal suo figlio minore Crono.

Benché sposata con Efesto, ha diversi amanti. I simboli che la caratterizzano sono la mela, l’ape, il mirto, la rosa, la madreperla, le conchiglie, mentre gli animali a lei sacri sono le colombe e i passeri.

La sua corrispondente nella mitologia romana è Venere, inizialmente dea dei giardini e degli orti, e poi divenuta una delle principali dee romane, associata all’amore, alla bellezza e alla fertilità.

Sposa di Vulcano, è ritenuta l’antenata del popolo romano in virtù del suo leggendario fondatore, Enea, assumendo un ruolo di tutto rispetto in molte festività e miti della religione romana.

Diverse sono le ipotesi relative alla nascita della dea, una delle quali la vuole nata da una conchiglia uscita dal mare.

Atena/Minerva

Figlia di Zeus e dell’oceanina Meti, Atena nacque già adulta dalla testa del dio, armata di uno scudo ornato con la terrificante testa della gorgone Medusa – che pietrificava chiunque la guardasse – della sua lancia, dell’egida (una corazza di pelle caprina) e dell’elmo.

Emblema di saggezza, conoscenza ed innovazione, la dea è patrona degli artigiani, della filatura e della tessitura, nonché dell’agricoltura e delle guerre per giusta causa. A lei si devono anche l’invenzione dell’aratro e del flauto, e l’arte di addomesticare gli animali, costruire navi e fabbricare calzature.

Associata agli uccelli, soprattutto alla civetta, ed al simbolo dell’ulivo, Atena, contrariamente alle altre divinità greche, è sempre nominata “la vergine”, in quanto non risultano aneddoti che le attribuiscano amanti.

Patrona delle arti e del commercio, Minerva – il cui nome trae probabilmente origine dall’etrusco Menrva – è la divinità romana della lealtà in lotta, delle grandi virtù della guerra giusta, della saggezza, dell’ingegno, nonché l’inventrice del telaio e del carro.

Come la corrispondente greca Atena, l’animale sacro è la civetta, talora il gufo, ma, differentemente dalla prima, Minerva perde i ruoli di dea della guerra strategica, per assumere caratteristiche strettamente connesse ad arti contemplanti l’uso della ragione. I suoi simboli sono l’ulivo, l’egida e una lancia nuova.

Demetra/Cerere

Figlia di Crono e di Rea e sorella di Zeus, Demetra è dea del grano, dell’agricoltura, del raccolto, della crescita e della nutrizione.

Rappresentata come una donna matura, sovente con una corona, un fascio di graminacee e una torcia, ha per simboli la cornucopia, la spiga, il serpente alato, ed il loto con il fusto; gli animali a lei sacri sono i maiali e i serpenti.

La  corrispondente divinità romana è Cerere, divinità materna della terra e della fertilità, ed anche dea della nascita, in quanto gli esseri umani, i fiori ed i frutti erano visti come suoi doni, al punto che si riteneva avesse insegnato agli uomini la coltivazione dei campi. Questo è il motivo per il quale è raffigurata come una matrona maestosa ed austera, bella e cortese, con una corona di spighe sul capo, una fiaccola in una mano e una cesta colma di grano e di frutta nell’altra.